La Sacra scrittura indica nel mestiere del contadino il lavoro più vicino a Dio. Perché il suo lavoro è precario, legato al tempo, alla stagione, alle piogge: il contadino sa che si deve affidare alla Provvidenza, prega che il Signore mandi al tempo giusto la pioggia o il sole, secondo quello di cui le sue piante hanno bisogno.
Ecco che anche Gesù usa nel Vangelo di questa domenica un paragone legato all’agricoltore: è però Lui, in questa similitudine, il contadino che, con sapienza e pazienza, ha cura della nostra vita, perché noi possiamo portare frutto.
Noi siamo questa vite che deve però rimanere legata alla pianta per portare frutto, che ha la sua radice in Cristo Gesù.
Tutti noi siamo infatti stati creati per dare dei frutti di amore e di comunione.
Accettando così anche di essere “potati”, guidati dai fatti attraverso cui il Signore ci parla, perché non ci inganniamo, non perdiamo la strada che conduce alla vita, diventando secchi e aridi.
Occorre una sapienza per saper discernere questi “segni”: una Sapienza che il Signore ci dona se rimaniamo legati a Lui, disposti ad ascoltarlo, mettendo in pratica la Parola e non “ascoltatori smemorati, ingannando noi stessi”, come leggiamo all’inizio della lettera di San Giacomo.
In questa lettera San Giacomo ci invita ad aver fiducia nel Signore, a chiedere aiuto: “Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sarà data. La domandi però con fede, senza esitare, perché chi esita somiglia all’onda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni”.