La ricerca di una legge che possa giustificarci, di un ordine che sia migliore degli altri, fa parte dell’uomo che vive centrato su sé stesso, cercando anche attraverso la sua “religiosità” di essere superiore agli altri, di realizzarsi in qualche modo. Anche usando la religione. Ancora oggi infatti esistono scribi e farisei, come al tempo di Gesù: “Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente”, li descrive Gesù nel brano del Vangelo di Matteo di questa domenica.
Un uomo così, non porterà mai nessuno alla fede, né alla Chiesa, anzi lo farà allontanare: malgrado i tanti rituali e le (apparenti) devozioni a cui si sottopone. Perché la fede è ben altra cosa! Non è certo una serie di obblighi e interminabili rituali, se questi sono privi dello Spirito di Cristo.
L’incontro con Cristo infatti non ci mette altri pesi, ma ci libera dai nostri sensi di colpa, da tutti questi “pesanti fardelli” che sono segno soltanto dell’uomo vecchio, di un uomo che non ha mai incontrato l’Amore di Gesù. Da questo incontro rinasciamo come creature nuove, rigenerati dal Suo Amore che non pretende nulla, ma tutto dona.
Ecco perché Gesù alla fine del brano del Vangelo ci annuncia che “chi sarà grande, si farà servo”: perché ormai la vita vera l’ha trovata, la perla preziosa, il senso della sua vita l’ha trovato e non ha più bisogno di doversi mettere al primo posto. Dell’ammirazione e della stima degli altri non sa che farsene.
Come San Paolo che esclama nella lettera indirizzata ai Filippesi: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede”.