Questo brano del Vangelo di Giovanni è una catechesi che illumina la nostra realtà, forse proprio quello che stiamo vivendo in questo tempo di Quaresima. Anche noi infatti possiamo essere ciechi, spiritualmente. Forse ti illudi di aver fede, di essere un “buon cristiano”, ma se non conosci un po’ della tua realtà, cioè chi sei veramente tu, questa è solo un’alienazione, un modo per giustificarti o per sentirti meglio degli altri: e questo non ha nulla a che vedere con Dio.
“L’uomo che non si conosce non si può mai convertire davvero al Signore Gesù”, diceva San Bernardo da Chiaravalle.
Perché per convertirsi occorre partire dalla nostra realtà, che è una realtà di peccato, di fragilità, di povertà: San Paolo scriveva che “Proprio a Lui, il peggiore di tutti, il Signore aveva usato Misericordia”.
Questo non è facile per nulla: nella conclusione del Vangelo di questa domenica infatti i farisei chiedono a Gesù: “Siamo forse ciechi anche noi?”, e Lui risponde: “Se foste ciechi (cioè se riconosceste che siete ciechi), non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”.
Ecco la vera cecità: di chi oggi si crede già giustificato. Mentre Gesù Cristo viene a dare la vista a chi oggi si riconosce cieco!
Per quelli che credono di vedere e di non aver nessun bisogno che Gesù Cristo venga a dar loro la vista, Lui non può fare nulla, perché rendono inutile Gesù Cristo, vanificano l’opera dello Spirito Santo.
Ma chi non ha paura di vedere la realtà, scoprirà, come il cieco nato, l’Amore di Dio che lo perdona, gli ridona la vista e la capacità di seguire Cristo, non più sentendosi migliore degli altri, ma con umiltà e gratitudine.